Prendiamo la vita a gamba tesa

Un anno oggi dall’uscita del mio libro Le mie pagliuzze, ma in questo post vi parlerò di altro. Vi dirò che, nonostante tutto, la mia vita è stata anche felice, fatta di momenti sereni, gioiosi, ricca di affetti e spensieratezza. E lo farò riprendendo un racconto che avevo pubblicato più di due anni fa. In quell’occasione però non l’avevo dichiarato come personale, perché non sapevo ancora quali fossero le mie intenzioni. Non sapevo se vi avrei rivelato i fatti che avevano segnato il mio percorso.

Con questo post vi racconto una Dora che sa ridere di se stessa e che non si è mai rinchiusa nel ruolo di vittima impotente. Certo, le questioni spiacevoli avevano, ed hanno, il potere di fermarmi, come per tutti, ma poi ritrovo sempre la voglia di ricominciare… perché tanto la resa porta solo alla fine di se stessi, mentre andare avanti può portare a qualsiasi cosa.

Bonfì è il modo in cui a volte mi chiamavano gli amici. Cose che mi mancano di Avellino: sentirmi chiamare Bonfì oppure Dò.

Bonfì pigliala a gamba tesa

Mi guardai allo specchio con soddisfazione. Però, ero stata brava, nemmeno una grinza o una cucitura mal fatta. Mi girai a destra, poi a sinistra. Era venuto proprio come volevo, stretto al punto giusto, non vedevo l’ora di andare a scuola per mostrare il mio capolavoro.
“Ma dove credi di andare con quei jeans così aderenti?” mi chiese mia madre, affacciandosi alla porta della mia stanza.
“Si portano così! Ce l’hanno tutte le mie compagne!” risposi stizzita.
“Sarà! Ma non mi piace come moda. Sono troppo stretti e il sangue non circola bene!”
Mi girai verso lo specchio, insofferente. Cosa ne sapeva lei di sangue e di circolazione? Non era mica un medico! Ma tanto, non le stava mai bene nulla di quello che facevo, sempre pronta a rimproverare. Io cercavo di non ascoltarla, l’importante era vivere quei momenti, sentirmi parte del mondo. Del domani non mi importava nulla, nel tempo le cose cambiano, si sa.
“Capirai solo quando ne pagherai le conseguenze!” esclamò ancora, scuotendo il capo.
“Mamma, non ti preoccupare, se mi daranno fastidio non li indosserò più.” dissi per zittirla più che per rassicurarla. “E poi, cosa mai possono farti dei jeans stretti? Vedo già i titoli: ragazza stritolata da un paio di pantaloni impazziti!” pensai ridendo.

Ero fiera del mio lavoro: li avevo indossati a rovescio, avevo segnato con gli spilli il confine delle gambe e poi li avevo cuciti a macchina. Certo, per abbottonarli ero stata costretta a stendermi sul letto, ma la fatica era valsa la pena, perché i complimenti non si erano fatti aspettare, e questo mi era bastato per star bene con me stessa. Poca importanza aveva se per sedermi ero costretta a forzare la prigionia del mio corpo e se per camminare sembravo una mummia. Faceva tutto parte del pacchetto, o prendere o lasciare.

Ormai non me ne staccavo più, ogni momento fuori casa era un’occasione, perché non erano un semplice paio di pantaloni, quei jeans erano divenuti un simbolo di libertà. Indossarli era stata una mia decisione, lontana finalmente dai condizionamenti materni. Anche se di libertà vera e propria dovevo ammettere che non ce n’era poi tanta…
Me ne accorsi una mattina, uno dei tanti giorni in cui, invece di entrare a scuola, si decideva che c’erano validi motivi per far sciopero e scegliere se tornare a casa o fare un giro.

Di solito mi ritrovavo insieme a Raffaele, Massimo e Margherita. Si passeggiava, si chiacchierava, cercando un modo per impegnare il tempo.

Quel giorno, che tengo serbato nel cuore come un ricordo prezioso, avevamo scelto di andare nel parcheggio dello stadio per giocare a palla, due tiri, tanto per muoversi un po’. E fu appunto con un calcio che avrei voluto dare che, d’improvviso, la realtà della costrizione con cui vivevo il mio prezioso indumento mi si presentò inesorabile e sincera.

“Bonfì, pigliala a gamba tesa!” mi gridò Raffaele, convinto delle mie doti.

“Sì!”gridai con entusiasmo. Un entusiasmo poco opportuno che mi portò ad alzar la gamba con tutta la mia forza, caricandola di certezze e aspettative riguardo la palla che stava per arrivare. Ed ecco che la gamba destra nell’impeto dell’alzata tirò su con sé anche quella sinistra, determinando la caduta del mio corpo ormai senza più sostegno.
I miei amici si precipitarono intorno a me spaventati per chiedermi se mi fossi fatta male.
“No, non mi sono fatta male!” risposi, senza aver ancora compreso bene cosa fosse accaduto. Guardai tutti un po’ perplessa, poi guardai i miei pantaloni e cominciai a ridere di gusto. Però, avevano retto le cuciture!

 

 

109 pensieri su “Prendiamo la vita a gamba tesa

      • Condivido il tuo pensiero. Io ricordo i racconti di mio nonno, della sua gioventù, della sua continua voglia di fare, di credere, di sognare. Le sue convinzioni, e rivedo me ed i miei amici. Credo che questa sia una delle fasi più belle della vita.
        Ridere di se stessi vedo, invece, che a molti non viene facile. Io credo di averlo imparato a farlo da un paio d’anni, ma questa visione mi ha cambiato il modo di vivere.

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    • Ciao Mariluf. Sono brava a cucire. Venendo da una cultura meridionale, le arti “femminili” le conosco abbastanza. Qualche anno fa una ragazza era ancora tenuta a conoscerle. Ma non sono votata ad esse da molto tempo… ribellione anche questa?
      Un abbraccio forte

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  1. Ricordi che regalano sorrisi per sempre! Mi hai ricordato che anche ad una mia amica accadde la stessa cosa con i pantaloni! E lei nemmeno se ne accorse, se qualcuno non glielo avesse detto.
    Belli gli scatti! 😊 espressioni dolci… e nell’ultima hai gli occhi luminosissimi!!

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  2. Che bello leggerti sorridere! 🙂
    Cosa non si faceva per indossare pantaloni più stretti di due taglie! Ricordo i momenti di apnea mentre li indossavo coricata anche per terra… 😉
    Un abbraccio Dora.

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    • Non è un discorso di tradizioni, ma di motivazioni, le stesse che hanno condizionato la mia vita per molti anni. Il saper cucire, come altre cose, deve essere qualcosa di utile e non legato alla figura femminile…
      Anche allora comunque c’erano donne che non sapevano cucire o non ne avevano voglia.
      Ma forse più che una ribellione verso i costumi dell’epoca, potrei dire che essa è stata più che altro personale. Una ribellione verso me stessa, per aver accettato un ruolo troppo rigido e chiuso che mi ha imprigionata e condizionata…

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  3. Bel post cara Dora. Simpatico quanta basta per farci tornare indietro nel tempo, quando ragazze cercavamo quell’autonomia che poteva aiutarci ad essere noi stesse. E poi le mamme sempre criticavano…io diventata tale, anche adesso che li ho grandi . Ciao e auguri per una serena Pasqua. Isabella

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  4. Scusa non ho scritto mica bene. Ecco qua il pensiero aggiustato:
    ” Io , diventata tale, intendo mamma, anche adesso che i figli sono grandi ”
    Scusa ancora. A volte distratta scrivo saltando le parole. Sarà la vecchiaia ?

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  5. Carissima Dora.
    Ci tenevo a dirti che…quel coraggio di finire la lettura del tuo libro,lo dovevo…anche verso me stessa,per aprire quelle porte chiuse,alla verità nascosta.
    Non è stato facile fare da spettatrice…legata e imbavagliata,senza poter scegliere di intervenire ad ogni tua richiesta di aiuto.
    Scrivere questo libro,ti a dato la possibilità di incominciare un nuovo capitolo della tua vita,liberandoti da quel macigno che ti impediva di guardare avanti con serenità.
    Custodiro”stai ben certa”con coraggio…insieme a te,la mia parte delle tue pagliuzza.
    Consapevole,di aver scelto la strada giusta,una promessa, che apre tante porte…oscurate dal sole.
    Ti abbraccio con tanto affetto,donandoti con tutto il cuore…tante coccole❤❤❤
    Caterina

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    • Caterina cara, sono contenta che tu abbia finito la lettura del libro e che custodisci con me un po’ di pagliuzze della mia vita. Voglio però confortarti dicendoti che questo libro l’ho scritto per tutti voi, non per me. L’unico dovere nei miei confronti è stato dire a tutti ciò che ho imparato.
      Scrivere il libro mi aiutata sì a mettere tutto in ordine, ma solo per trovare un modo per spiegare, nel modo giusto, cosa vuol dire abusare. Io vivo serenamente dal giorno in cui ho ripreso possesso della mia vita e di quella che sono.
      Ti tengo stretta e me le prendo tutte le coccole

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  6. Anch’io mi ricordo i jeans schiattanti che usavamo!!! In fondo le nostre mamme non avevano tutti i torti, a ben pensarci se avessi una figlia le darei lo stesso consiglio. Per fortuna nel frattempo hanno inventato la lycra e non è più necessario stendersi sul letto per indossare i jeans 😂😂

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  7. 😂😂😂😂 che ridere! Mi ha fatto venire in mente un episodio in cui avrò avuto 8/10 anni, ero alle elementari, le minigonne mi sono sempre piaciute un sacco e quella volta ero riuscita a farmi prendere una bianca con i volant, passeggiando di ritorno da scuola con la mia amica, si accosta un ragazzo più grande di noi e mi dice “guarda che hai la gonna tirata in su” praticamente con lo zaino si era agganciata è rimasta rigirata verso l’alto ed io ero in giro per il paese a chiappe all’aria! 🤦🏻‍♀️
    Va beh succede anche questo! Ti vedo in questa ultima foto splendida e luminosa, emani carica e grinta! È stato un piacere immenso ritrovarti 😍

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