Antonella Russo, un fiore reciso

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E poi viene quell’istante che non avresti mai creduto possibile, che ti fa crollare il mondo addosso, che ti sbatte d’improvviso innanzi ad una realtà che difficilmente sai di poter sopportare. Sai che avresti fatto di tutto, senza tentennamenti, per evitare che ciò avvenisse. Sai che nulla avrà più senso e che sarà difficile trovare un senso alla vita che ancora ti resta da vivere, da sopportare, senza la sua presenza, il suo sorriso, la sua gioventù intrisa di voglia di vivere e far parte di un mondo che, nonostante le imperfezioni, lei amava.

Per tutto il tempo che era stato avevi creduto di poter governare gli eventi, di riuscire a domarli in qualche modo, sperando in una soluzione, una via per uscirne in maniera indolore. Ma così non è stato, e quel dolore prepotente ti ha pugnalato a tradimento, togliendoti un bene prezioso, un’anima bella che mai più avresti visto, ma che avresti continuato ad amare finché ti sarebbe stato concesso respiro, la tua bambina.

Con questo post, non vi parlo solo della presentazione che c’è stata a Ospedaletto d’Alpinolo il 12 giugno, non vi racconto solo dell’emozione che ho provato ascoltando i ragazzi dell’Associazione Culturale ASSUD leggere alcune pagine del mio libro Le mie pagliuzze. Anche se grande è stata la partecipazione dei presenti, il loro affetto, il loro sostegno, quel che mi ha dato l’emozione più forte è stato conoscere la storia di Antonella Russo e soprattutto conoscere sua madre, che con grande coraggio ha fatto del ricordo della figlia energia e scopo fondamentale di vita.

Antonella era una bellissima ragazza, uccisa a 22 anni, senza pietà, dal compagno della madre, uomo violento e senza scrupoli. Le ha sparato, all’interno della macchina con la quale lei aveva accompagnato la mamma a lavoro con l’intenzione di proteggerla da quell’uomo che la minacciava.

Non sto a recriminare sulle responsabilità della società che non sa difendere chi è vittima di violenza e minacce, perché dopo è facile farsi giudice ed esperto su ciò che avrebbe dovuto essere e sul come soprattutto. Ma non posso giustificare il senso di impotenza che delega ad altre persone e tempi da venire responsabilità ed azioni.

Di Antonella resta il ricordo di un’anima bella, una strada intitolata a lei, una medaglia d’Oro al Valor Civile, un libro che racconta di lei, tanti articoli e iniziative. Tantissime sono state le manifestazioni di affetto e dolore per la sua morte. Una morte a cui si è cercato di dare un senso intitolando a lei la Casa rifugio di Ospedaletto in cui si intende dare protezione a donne vittime di violenza domestica e ai loro figli.

Il 12 giugno è stato per me un giorno importante, non solo per la presentazione del libro, ma per le persone che quella presentazione hanno voluto, proprio nel giorno del compleanno di Antonella.

Una partecipazione per la quale mi sento onorata, in un Comune, Ospedaletto d’Alpinolo, che ha fatto dell’accoglienza uno stile di vita.

Con i ragazzi, la gioia più grande

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51 pensieri su “Antonella Russo, un fiore reciso

  1. Che dolore sentire ogni giorno storie di ragazze, di donne, uccise da uomini che hanno deciso di annientarle, di distruggerle, di farle sparire, perchè non volevano sottostare ai loro soprusi. Temo non ci sarà mai una fine a tutto questo, tutti abbiamo una grande responsabilità nell’educazione delle nuove generazioni. Sono comunque convinta che la prima cosa che dobbiamo avere bene a mente e che non possiamo cambiare una persona se questa non vuole veramente fare un certo tipo di percorso. Lo dico alle mie figlie e penso che dovremmo esserne consapevoli noi donne adulte, spesso si ricerca un surrogato di amore in uomini dai quali occorre scappare a gambe levate

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    • Grazie a te Rich per la tua presenza. Non possiamo proteggere i nostri figli in ogni momento, ma possiamo pretendere che il mondo diventi più sicuro per tutti. E questo lo si trasmette con l’amore per l’altro. Amore non come sacrificio, ma come rispetto.
      Il tuo italiano è ottimo 🙂

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  2. La violenza domestica dovrebbe essere considerata come una calamità da cui fuggire. Al pari di un incendio, di una scossa di terremoto, si dovrebbe immediatamente cercare riparo fuori dalle mura domestiche. La società è responsabile in questo perché invita a restare, a resistere nonostante i segni evidenti di pericolo, e lo fa evitando coinvolgimenti, leggi, accoglienza.
    Amare qualcuno non è sperare fino in fondo nel suo cambiamento, nella sua comprensione. Amare non è sacrificio, coraggio nel rimanere, speranza nell’altro.
    Ma tutto questo non viene insegnato, bensì ci viene richiesto di dimostrare il nostro amore, sempre, senza alcuna condizione

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  3. Antonella ha avuto un triste destino come tante altre donne ed anche uomini, non per questo la sua morte e la sua vita sono da meno. Il problema nasce dall’uomo, non di sesso maschile, ma uomo in se, l’indole che ci contraddistingue, quella che ci fa desiderare di sovrastare tutto e tutti. Quest’indole nasce dagli animali, a noi c’è stato donando un cervello pronto ad elaborare ogni sentimento ed ogni stato d’animo, ma quando esso è ignorante, non c’è emozione e sentimento che tenga davanti ai propri istinti.

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    • Due sono i termini fondamentali che estraggo dal tuo commento: ignoranza e istinto. Sì, l’ignoranza guida i ragionamenti, li devia su percorsi istintivi, che nulla hanno a che vedere con quella che dovrebbe essere la natura dell’uomo.
      Possiamo cambiare le cose, abbiamo l’opportunità, ma non l’usiamo. Ognuno alla nascita è come una lavagna pulita che aspetta solo di essere utilizzata. Nessuno nasce con l’istinto di prevaricare l’altro, tutti partiamo dallo stesso punto, ma poi, nel percorso succede qualcosa che porta a cambiamenti anche terribili. La responsabilità di tutto questo è della generazione precedente che non ha conservato memoria ed interesse.
      Ogni mostro è stato a sua volta un bambino, ogni mostro è stato una lavagna vergine. Dobbiamo cercare di rispettare quel bambino, di permettergli di diventare se stesso, senza ingombrare la sua lavagna con le nostre aspirazioni, le paure, le convinzioni.
      E dici bene, il problema non nasce dall’uomo inteso come sesso maschile, ma dall’uomo come essere umano

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    • La famiglia è un modo per zittire, un luogo dove rinchiudere le verità scomode.
      Se si guarda oltre però si può notare che l’atteggiamento è lo stesso che si ha con le nazioni straniere: le varie guerre, i malcontenti popolari dell’uno o dell’altro Stato non è cosa che ci riguarda. Non ci si rende conto che le questioni, le dinamiche son le stesse e che è dalle famiglie che dobbiamo cominciare se vogliamo cambiare il mondo.
      Per costruire una società sana, una società che tenga conto delle esigenze di tutti, dobbiamo fornire mattoni solidi, attraverso famiglie sane che allevino nuove generazioni consapevoli e forti. Voltarsi dall’altra parte serve solo per superare un momento, per conquistare una notte tranquilla, ma se il problema non viene affrontato esso ritornerà ancora e ancora… e prima o poi ci si ritorcerà contro…

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  4. Bisogna partire dalla famiglia, questo e’ vero. Troppo spesso, quasi sempre, si sente dare la colpa allo Stato, alla scuola, agli altri. In effetti e’ comodo chiudere gli occhi di fronte al problema e metersi in disparte aspettando che qualcuno lo risolva. Un futuro migliore dipende da ognuno di noi e dal nostro agire quotidiano. Ti abbraccio con affetto…

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  5. È sempre peggio…
    Quante vite di donne sono lacerate dal senso del possesso o dalla gelosia, di uomini, che credono di essere i loro proprietari!
    E in un gesto, strappano l’anima di chi rimane. Di chi deve sopravvivere ad una perdita così importante.
    Figlia, madre, sorella, amica.
    In un lampo, il fulmine arriva e recide ogni senso logico. Ogni profumo. Ogni colore.

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