La torta

Salii in macchina svogliatamente. Accompagnare Giulia mi costava fatica, ma, al telefono, la sua insistenza mi aveva convinta ed ora mi trovavo a condividere con lei momenti di cui avrei fatto volentieri a meno. “Dai, vieni con me!”, mi aveva chiesto con voce implorante. “Voglio portare una torta alla mamma di Enrico e mi serve la tua compagnia”. Le sue parole mi erano arrivate come una richiesta di aiuto, lasciando intravedere chissà quale missione, privandomi di ogni possibilità di rifiuto. Non mi piaceva quel suo ragazzo, arrogante e pieno di sé, e tanto meno sua madre sempre pronta a prenderne le parti, nonostante i suoi torti evidenti.

“Perché le porti una torta?”, le chiesi contrariata per quell’atto di generosità. “É il suo compleanno?”
“No, è solo un pensiero…”, mi rispose evasiva e con voce tremante.
Non feci altre domande, era evidente che non mi voleva dire altro. Mi voltai a guardare la scatola sul sedile posteriore, curiosa di sapere quale fosse la torta contenuta e ripensai a Enrico e al suo modo di controllare la mia amica. Non lo faceva imponendo regole o con ordini diretti, piuttosto con critiche continue volte a sminuire ogni cosa la riguardasse. Che fosse il suo modo di camminare, di vestire o di ridere, un pavimento lavato male o un sugo poco saporito, egli trovava sempre l’occasione per sottolineare gli errori di lei, la sua impreparazione, la sua incapacità di ragionare.

Più di una volta avevo tentato di intervenire, di proteggerla, confessandole i miei dubbi riguardo quell’amore, ma lei non aveva mai preso una vera posizione a riguardo e si era lasciata trasportare dagli eventi quasi come se non avesse avuto altra scelta, come se sentisse di meritare quelle continue annotazioni. A volte riuscivo a cogliere in lei uno spiraglio di riflessione, ma era sempre di breve durata, vista la confusione in cui si ritrovava ogni volta in cui parlava di lui. “Non so cosa pensare…”, mi aveva confessato un giorno con malinconia. “A volte è così premuroso, attento e mi fa sentire la donna più fortunata del mondo, altre volte, invece, sembra non vedere me, ma qualcun altro, e le cose che dice mi sembrano fuori luogo, senza senso, con nulla a che vedere con ciò che ho detto o fatto”.
“E in questi momenti cosa ti dice di preciso?”, le avevo chiesto, sperando di aiutarla a guardare la realtà.
“Mi dice che noi donne siamo tutte uguali e che lui si sente sempre sotto inquisizione…”
“Ma se è lui che ti accusa di sbagliare…”, avevo ribadito furiosa.
“Asserisce che le sue sono solo osservazioni, e che sono le mie reazioni a farlo sentire sotto accusa…”
Era evidente il suo tentativo di cambiarla, di domarla, per renderla docile e propensa ad accettare ogni suo capriccio. Ed io mi sentivo impotente, mentre cedeva al senso di inferiorità, apparendo quasi grata a quelle critiche, umile e sempre più dipendente dal giudizio di quel ragazzo.

Fu Enrico ad aprire la porta, piacevolmente sorpreso per quella visita inaspettata. Baciò Giulia, mostrando tutto il suo affetto e le tolse di mano la torta chiamando allegramente la madre. La mia amica mi strinse il braccio per attirare la mia attenzione e mi sussurrò: “Vedrai!”, con aria decisa e un accenno di lacrima negli occhi.

Ci ritrovammo seduti intorno al tavolo sorridenti e prodighi di lodi nei confronti di una coppia così ben assortita, momenti intrisi di moine e complimenti a volontà. Il tutto in un’atmosfera quasi surreale, come appartenente ad una realtà parallela. Sentivo il mio stomaco ribellarsi tanto era insostenibile quella mielosità gratuita ed ero pronta ad alzarmi ed uscire sul terrazzo a prendere una boccata d’aria, quando l’espressione sul viso di Enrico mi bloccò sulla sedia. Era improvvisamente impallidito e nessuna parola usciva più dalla sua bocca. Guardai la torta, era una Caprese, immediatamente compresi ogni cosa: Giulia stava mettendo in atto la sua ribellione. Andai col pensiero al giorno in cui l’aveva preparata la prima volta, contenta per come le fosse venuta bene, ed ero con lei quando la presentò a lui emozionata come una bambina. Ricordo l’amore nei suoi occhi, la dolcezza dei suoi gesti, la premura con cui gli aveva servito la prima fetta. E ricordo la freddezza con cui egli l’aveva definita una schifezza, sostenendo che nulla  aveva a che vedere con la vera torta Caprese. Quello fu forse il momento più sofferto per lei, il più insostenibile, di certo quello che più di ogni cosa la ferì. Prese la torta e la buttò nella spazzatura senza che io riuscissi a fermarla, il tutto sotto lo sguardo soddisfatto di lui.

A distanza di una mese, Giulia aveva deciso di sostenere le proprie parti, facendo qualcosa che lasciasse trapelare la forza che stava tirando fuori. Sapeva bene che lui non avrebbe potuto dire nulla in presenza di sua madre, troppo golosa per rifiutare una fetta di torta.  Con il suo gesto gli stava dicendo che non dipendeva più da lui, che lo stava lasciando, consapevole dei torti subiti.

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Ringrazio la carissima Cristina per la sua torta, per me fonte di ispirazione

277 pensieri su “La torta

  1. ah beh che dire? la prima parte mi sembrava di leggere di me, la secondo un po’ meno, ma forse anche io ho “regalato una torta” a qualcuno a Luglio :-). Non so mi è piaciuto questo racconto e soprattutto mi hai regalato un bel sorriso.

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    • L’unica vendetta, anche se minima, c’è nella consegna della torta. Hai ragione a dire che è liberazione e non vendetta, ma proprio perché è un atto in più è interpretato in questo modo…

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  2. Il RISCATTO!!! EVVIVA, per una volta gusto l’idea di una donna che tira fuori quello che molti uomini pensano di avere …. ma che hanno solo per ‘grazia di Dio’ 😁
    Avevo un’amica trattata così … Avevo..perché dopo aver capito che difenderla era inutile (e addirittura mi provocò offese indicibili e situazioni raggelanti, ) ho realizzato che in fondo era quello che voleva!
    Molti anni dopo l’ho incontrata di nuovo.
    Altra vita altro uomo, unico elemento uguale era Lei IL DIFETTO DEL MECCANISMO).
    Frequentandola nuovamente ebbi chiaro il motivo per cui si ficcava in quelle situazioni …
    Non la frequento più!
    In alcuni casi è proprio vero “dimmi con chi vai e ti dirò chi sei” …
    “Il rispetto parte dal rispetto per se stessi”
    “Ognuno ha quel che si merita!” 😏
    Ed il fatto che l’amore rende cechi… be’,direi che c’è un limite a tutto, così come una linea sottile che separa la fragilità dall’imbecillita’ 😑 !!!!!!

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    • Per amore si pensa a volte di dover sopportare di tutto. E’ la società stessa che ci fa sentire in colpa se non diamo tutti noi stessi, anche quando non ci meritano. In questo caso il ragazzo in questione ha fatto l’errore di colpire una passione. La protagonista, infatti, era consapevole della sua bravura nel far torte e questo è bastato a darle da pensare…

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  3. Non era facile da scrivere perchè succede poco e lo spazio di un post non è certo generoso eppure c’è il dramma, da aggiungere che gli sviluppi psicologici tendono a scappare di mano a chi li rende, però mi sembra che tu abbia condotto con padronanza.

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      • E poi, in ogni caso, vedrai che se hai la buona volontà di riprenderlo tra un po’ di tempo, salvando comunque l’impianto-base di fondo, trovi da fare dei miglioramenti, asciugare qua e là o aggiungere quel pizzico in altri punti. Tranne i giornalisti, che trattano d’altronde materiale di ben altro genere, la maturazione successiva è tipica. Marguerite Yourcenar che ha scritto quel capolavoro che è «Le Memorie di Adriano», ci ha messo trent’anni di vita. Proprio così! L’ha scritto, buttato, riscritto, visitato i luoghi…

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  4. Già vedi oltre, e questo ti fa onore.
    Poi – e questa è la cosa buffa – come l’avrai ampliato e sicuramente migliorato, torna daccapo la necessità di maturarlo e rivederlo.
    Specialmente le cose brevi che il profano pensa facili proprio perchè brevi necessitano al contrario di una cura del dettaglio maggiore.
    Gli americani sono bravi in fatto di racconti… 🙂

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  5. Troppo forte questo racconto Dora, ti voglio vedere davanti a mammina a fare il cafone. Ho persino immaginato la scena, il volto della tua amica, la arroganza di lui con il suo sguardo, la sua mamma che guarda golosa la torta, e tu che ti godi lo spettacolo! Complimenti, ti sei superata stavolta 😉

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  6. Io era sempre ribelle alla faccia di questi uomini dominanti… credo anche questa storiella non e tutto fantasia mia cara Dora… buon mese di aprile e sopratutto un buon weekend … uno di questi giorni parliamo un po in fb ..Bussi Sorella ♥

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  7. E brava Giulia, le è scattato quel qualcosa… a forza di tirare la corda si spezza, e succede senza preavviso, nemmeno la sua amica aveva sospetti…
    Come sei brava a rovistare nei cuori e nelle menti… 🙂

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  8. Grande, ha saputo risollevare le sue sorti ribellandosi con finezza, una vera stilettata quella torta. Clap clap a te che hai raccontato con bravura la storia, un bell’esempio di come non ci si deve lasciare calpestare da una persona che ci vuole cambiare a tutti i costi, come se poi avesse un burattino tra le mani da manipolare a suo piacimento. Bello, mi è piaciuto molto!
    Buon Aprile e serena notte cara Dora.
    Ciao, Pat

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  9. Giulia ce l’ha fatta, ha preso consapevolezza di sé, ha scoperto la sua forza, l’ha utilizzata per salvarsi. Perché proprio di salvezza si parla. Dalla violenza psicologica a quella fisica il passo è breve, si cammina su un filo, come funamboli sospesi nell’aria, basta un attimo per non riuscire ad arrivare dall’altra parte e precipitare nel baratro.
    Esistono uomini che amano e uomini che vogliono possedere. Nelle relazioni il controllo ossessivo è una violenza psicologica che subiscono molte donne, riconoscerla è importante.
    Quante storie si sentono di donne che raccontano di un fidanzato troppo geloso ma che non riescono a lasciare? Quante volte capita di vedere una donna che piange perché è stata insultata dal compagno o avvilita perché lui le fa proposte sessuali insistenti?
    Queste donne non hanno solo un fidanzato un po’ mascalzone come spesso si tende a pensare, ma stanno subendo delle vere e proprie violenze psicologiche.
    Il partner che vuole minare l’autostima della donna le ripete in maniera insistente che non vale nulla, che i suoi sogni non sono valevoli di sforzi, che se lui la lascia non ci sarà nessuno che la amerà come lui … che le sue torte sono una schifezza!
    Capita spesso che l’uomo cerchi di isolare la donna, che la tratti come un oggetto di proprietà adducendo la scusa che vuole proteggerla e cerchi di allontanarla da coloro che “non capiscono il suo amore”. Dall’ arrabbiarsi perché viene contraddetto, finisce sempre per passare ad insulti e minacce quando si prova ad allontanarsi da lui e quando una donna che non riconosce i segnali o decide di ignorarli, mette su famiglia con un individuo di questo tipo, la situazione peggiora notevolmente con la convivenza. Dalla vigilanza continua sugli spostamenti, al controllo ossessivo di ogni cosa possa compiere la donna, la situazione sfocia nella reclusione. Una vera e propria prigionia, caratterizzata da umiliazioni e attacchi all’autostima continui che portano ad un disagio emotivo spesso decisamente importante, ma anche dal controllo delle sostanze economiche della famiglia per limitare le possibilità della donna di rendersi indipendente, sino ad arrivare anche a divieti restrittivi della libertà di pensiero, come quello di leggere un libro, di vedere la tv o di navigare in internet. Il partner ha paura che la donna si informi, sviluppi un pensiero autonomo e lo abbandoni.
    E’ quasi automatico e ineluttabile che si arrivi alla violenza fisica, tutto giustificato con “il troppo amore”.
    Giulia è in allarme, comincia a non credere più a questo “amore”, questa torta la rappresenta, non può buttarla via, perché non può negare se stessa … ha raccolto la sua forza … se il racconto continuasse potremmo anche assistere a dimostrazioni di pentimento, pianto e disperazione, a giuramenti di cambiamento per amore da parte di questo … criminale … perché così succede sempre nella realtà … ma sono menzogne, la capacità di mentire è innata in questi individui meschini, opportunisti, crudeli, che di umano non possiedono nulla … ma Giulia è l’emblema di tutte le donne che vogliono allontanarsi da uomini pericolosi, che vogliono e hanno il diritto di affermare se stesse, questa torta è la sua bandiera, dovrà portarla come vessillo per tutte le Giulie del mondo che hanno bisogno di coraggio e di forza per riconoscere la violenza, per ribellarsi e costruire la coscienza di sé. Giulia è il coraggio e la forza!
    E sei tu la forza, Dora, nel comprendere l’animo umano, scriverne con la grande capacità di toccare il cuore, soprattutto scrivere di donne, della loro sofferenza, della loro infinita capacità di amare, senza perdere di vista l’importanza della coscienza di se stesse e del loro valore. Mi inchino, mia cara, alla tua bravura, ma più di tutto al tuo coraggio! Sei una grande donna!
    Ti abbraccio forte, io sono con te … sempre! ❤ ❤ ❤

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  10. Per un attimo ho creduto che Giulia volesse ancora soccombere ma quando ho realizzato che stava per compiersi un giusto riscatto ho gioito per lei, per la sua voglia di rialzarsi contando sulle proprie forze e allontanandosi da un amore malato.
    La “caprese” è una torta particolarmente buona ma questo racconto la rende speciale!
    Un caro abbraccio Dora ❤

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    • L’apprezzamento della madre ha fatto della torta una presa di posizione, una smentita a cui Enrico non ha potuto sottrarsi… La Caprese è una torta dall’apparenza semplice, ma che in realtà nasconde un sapore importante 😉
      Un abbraccio forte anche a te 🙂

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  11. Una riscossa, per ripagarsi dei torti subiti, che passa per una torta, terminando con l’espressione basita del tirannello disatteso. Il tutto narrato con piglio partecipato e con la cura di particolari e psicologia dei personaggi… Una deliza da leggere ed assaporare, a maggior ragione di quanto possa essere risultata indigeribile quella torta…
    Grazie infinite per questa perla di racconto
    Un abbraccio di soave brezza primaverile…

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  12. Ciao Dora, bellissimo questo racconto, complimenti, accarezza il cuore. Qualche tempo fa, ispirandomi in una frase di Salvatore Brizzi, pubblicai un post che si chiamava “se prendo in mano un carbone ardente e mi brucio… la colpa è del carbone?” ecco…una mia lettura della tua storia è proprio questa, il ragazzo sembra essere la causa del dolore… cioè il “carbone”… ma in realtà ognuno di noi si può rendere conto che ha la possibilità di lasciar andare il carbone in ogni momento…

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