Il gatto della signora Rosa

Matteo era alto, magro, biondo e… antipatico. Non ho mai capito che lavoro facesse, visto che spariva prima di cena per ripresentarsi a notte inoltrata. Di sicuro, però, non aveva bisogno di molte ore di sonno, visto che poco dopo il canto del gallo cominciava a cantare anche lui, in cucina, tra i borbottii del caffè e l’uovo sbattuto col marsala. Da quel momento ogni speranza di rimanermene a letto svaniva ed ero costretta a convincermi di essere in torto, che non fosse poi tanto presto e che l’ora di alzarsi fosse passata da un pezzo. La mia camera infatti era di fianco alla cucina e più di tutte raccoglieva il pianto dell’uovo frustato e costretto a montare, e il tintinnare del cucchiaino sul bordo della tazza. “Ma perché non lo lecchi, invece di batterlo!”, gli rimproveravo, con la bocca contro il cuscino, in preda ai grovigli del sonno che non voleva saperne di lasciarmi andare. No, lui non lo leccava mai, ma lo batteva per far cadere l’ultima goccia di caffè prima di posarlo sul piattino. Ed ogni rumore, ogni suo gorgheggio, ogni sospiro, mi arrivavano come martellate, colpi prepotenti all’uscio della mia coscienza. Puntualmente mi alzavo e mi recavo in cucina con gli occhi quasi chiusi e una immaginaria clava tra le mani, decisa a interrompere definitivamente quei rumori molesti…

“Buongiorno cara!”, mi accoglieva la signora Rosa, già in piedi anche lei. “Dormito bene?”, mi chiedeva, mostrandomi la tazzina già pronta ad accogliere il caffè.
“Poco!”, rispondevo automaticamente, dopo aver fatto un rapido conteggio delle ore ed averlo rapportato al benessere ricevuto. “Pochissimo!”, aggiungevo, nel più totale disinteresse dei presenti impegnati in conversazioni più interessanti del mio bollettino.

Tra tutti i pensionanti della signora Rosa, Matteo era l’unico disposto al saluto, degli altri a stento annusavo la presenza per l’odore di sigaretta o la scia di dopobarba rilasciati al passaggio. Di più non si poteva sperare, tanto erano veloci a scomparire nelle loro camere, come marmotte all’arrivo di un predatore. Ma pur essendogli grata per l’attenzione, cercavo di non dargli occasione di approccio, vista l’abitudine che aveva di avvicinarsi alle spalle all’improvviso e chiedere gentilmente cosa stessi facendo, o pensando, o guardando… e perché. Dopo di che seguivano le sue informazioni, le regole, le variabili, i pro e i contro, gli annessi e connessi, e tutto ciò che in una conversazione può non interessare a nessuno. Senza contare la sua mania del mettere a posto ogni frase, ogni parola. Guai a sbagliare una data o un nome, inesorabile si accaniva sull’errore senza lasciarti possibilità di distrazione. In poche parole sapeva sempre tutto e aveva una risposta per ogni quesito. Per questo, al solo vederlo comparire mi si rizzavano i peli come quelli sulla schiena di un gatto che si sente in pericolo. E lo avrei volentieri steso con risposte adeguate se non fosse stato per la passione che la signora Rosa sembrava nutrire per lui. Lei infatti, lo venerava, ne esaltava il carattere e le doti e non mancava mai di interpellarlo per ogni cosa, più o meno importante che fosse.

Ora avvenne che un vecchio cliente a dimostrazione della sua gratitudine per il periodo trascorso nella pensione, ebbe l’idea di regalare alla proprietaria un gattino di razza siamese, un esserino così piccolo da stare nel palmo di una mano. La signora Rosa ne fu subito rapita e, presa dall’emozione, volle rendere partecipi tutti i pensionanti di quell’arrivo così gradito. Presto si formò un crocchio felice di adulti tornati bambini. Tutti vollero tenerlo per un attimo tra le mani contribuendo allo stordimento di quella povera creatura con versetti stupidi e frasi senza senso. Anche Matteo, seduto in poltrona, volle la sua parte e lo accolse sulle sue gambe assicurando che tanti passaggi avrebbero potuto stressarlo.
Da buon esperto cominciò a parlare dei gatti e delle loro abitudini, ma, preso dal fervore, non si accorse dello scivolamento del povero micetto verso una rovinosa caduta. Cosa che sarebbe sicuramente avvenuta se non fosse stato per la velocità della signora Rosa nel prenderlo al volo. L’episodio sembrò passare inosservato, e tutti si ritirarono allegramente nelle loro stanze, ma io avevo notato delle saette negli occhi della signora e l’espressione del suo volto lasciava intendere che qualcosa fosse mutato nei confronti del suo pupillo.
E questa idea trovò conferma nei giorni successivi, perché notai frequenti e anomali allusioni riguardo ai problemi del fruttivendolo, oggetto di scherno, a suo dire, da parte di un paio di ragazzini del quartiere. Un particolare mi aveva subito dato da pensare, e cioè che il soffermarsi sul caso pietoso avveniva solo in presenza del pensionante reo di disattenzione, per cui non mi fu difficile immaginare che stesse preparando qualcosa, che cercasse di far leva in qualche modo sul bisogno del giovane di mettere sempre tutto a posto, anche se non avevo la più pallida idea di cosa si trattasse. Fino al giorno in cui il signor Fasulo, il fruttivendolo in questione, passò alla pensione per fare la solita consegna settimanale.
Quel giorno anche Matteo gli venne incontro sull’uscio, lo aiutò e gli fece i complimenti per le sue maniere gentili e per la qualità della sua persona. Ma in cuor suo voleva fare di più, per fargli dimenticare l’irriverenza di quei ragazzini ignoranti, doveva fargli capire che non tutti erano propensi a prenderlo in giro per il suo cognome. “Lei lavora proprio tanto signor Fagiolo!”, gli disse fiero di quel riconoscimento, tra lo sbigottimento generale.
“Ah, lei non è il primo a cascarci!”, fece questi ridendo di gusto. “Il mio cognome in realtà è Fasulo, ma sono tanti quelli che pensano sia solo una storpiatura dialettale”, e scese le scale, accompagnando il passo con una fragorosa risata.

266 pensieri su “Il gatto della signora Rosa

  1. In treno rientrando a Milano questo racconto mi ha tenuto un.po’ di compagnia 🙂 il viaggio è ancora lungo… Grande WP tanti piccoli libri da sfogliare leggere e grandi spunti di riflessione…. 🙂

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  2. E brava la signora Rosa!!!! Ha saputo mettere al suo posto il saputello facendolo cadere nella sua stessa trappola. Ah ah!!!
    Brava Dora i tuoi racconti sono sempre interessanti, profondi e con quel pizzico di ironia che li rende speciali!!

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  3. Non c’entrera’ nulla ma sai dove gli avrei versato l’uovo sbattutto con marsala di prima mattina??? XD XD si sono intrattabile quando mi svegliano 😉 un bacio grande ( adoro leggerti e ora ne ho la prova provata shhhh messaggio criptato )

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  4. Sai che l’atmosfera mi ha ricordato quella di certi racconti russi? Anche molto del Balzac di “Pere Goriot”: veri quadretti dedicati alla commedia umana… Invece, entrando nel merito del sig. Fasulo: il tizio avrebbe potuto benisimo chiamarlo sig.”Fasullo”, sarebbe suonato più attinente e meno dialettale, insomma,una gaffe un po’meno cafona, non credi?…
    Un sorriso e complimenti sempre per come riesci a farmi bere i tuoi racconti come bevanda ristoratrice…
    Un bacio ed un fiore….

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  5. Ciao cara, lascio un saluto!
    mi è piaciuta la presentazione iniziale del personaggio di Matteo.. ovviamente anche il resto del racconto 🙂
    un abbraccio!

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  6. … però a me quel signorino lì… non ha dato l’impressione di un saputello… più di uno che vuole in tutti i modi essere accettato, essere considerato bene… mi fa tenerezza… e mi sta sulle palle la Rosa… non amo questi giochetti… 😉

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  7. Ciao Dora.
    Ho un collega il cui cognome, involontariamente, è identico ad un vocabolo dialettale veneto.
    Molti clienti, chiedendo di lui, ne storpiano il cognome ‘traducendolo’ in italiano, un po’ come chiamare Fagiolo il sig. Fasulo, stessa identica situazione.
    Spassoso, anche perché frutto di involontarietà e non del voler essere ‘saputelli’.

    K!

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  8. Ci voleva un gatto per aprire gli occhi alla signora Rosa. Veramente delizioso è questo racconto dove i personaggi si muovo con una lievità impressionante. Fluido, piacevole, da gustare con calma. Comploimenti, Dora, per la bella scrittura di questa storia.

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  9. ecco finalmente ho letto tutto, come ho capito si tratta di una episoda della vita dei anziani che vivano n una pensione.. sembra un mondo ancora a post.. un giorno come tanti altri dove accadano piccole cose .. hai un bel modo di scrivere cara Dora direi un dono 😉 buona giornata ♥

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  10. haha! che forza dorina!
    i fasuli…. li chiamavano così al paese di mia mamma quando ancora c’erano tutte le persone che c’erano ed ora non ci sono più… quando zia marghi faceva la pasta fatta in casa quasi tutte le mattine. Quando zio enzo ci faceva la panzanella e ci dave la pizza con gliu asinu (la mortadella), quando l’uovo sbattuto delle nostre galline si poteva mangiare, quando noi cuginetti ddavamo il biberon ai capretti, quando sono nati i coniglietti, quando c’era zia lucia che mi rimboccava le coperte…
    ah dorina!

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  11. È vero.. ci sono molte persone che abitualmente italianizzano dal dialetto. .. una volta con un amico addirittura fraducemmo delle espressioni dal dialetto in inglese… erano tempi in cui non avevamo altri pensieri che la scuola. .. ahahaha giovani ed incoscienti. .. ma ti voglio deliziare con una di queste: dialetto- oh focu meu… inglese- oh my fire! Se hai problemi con la traduzione fai un fischio hihij

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  12. Interesting flash fiction involving two intriguing characters and a cat…
    Very enjoyable installment…
    Merry Christmas for you and yours.🎇🎄🎆 Sending love and best wishes. Aquileana

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