La mantide

mantide

In piedi, dietro i vetri della portafinestra, fissava la mantide ondeggiare sulle foglie dell’edera. La osservava misurare con precisione la distanza, tranquilla nel suo continuo e lento altalenare, prima di azzardare lo spostamento delle zampe anteriori. “Che creatura sinuosa ed elegante, attraente e dannatamente pericolosa…”, pensò con ammirazione. Non sapeva dire da dove fosse arrivata, l’aveva trovata lì, sul balcone, un mattino, mentre innaffiava le piante. Aveva voltato la testa e l’aveva notata, intenta a fissarla con i suoi occhietti curiosi e guardinghi.

Guardò l’orologio, erano già le sette, non le rimaneva più molto tempo. Doveva muoversi o non l’avrebbe più trovato, non sarebbe rimasto nel suo studio ancora per molto. Fece l’ultimo tiro e spense la sigaretta nell’unico posacenere, posto sulla scrivania, di fianco al computer. Non sopportava quel vizio assurdo a cui si lasciava andare, più di una volta aveva tentato di smettere, ma la tregua non durava più di qualche settimana dopo di che ci ricascava, come se nulla fosse cambiato. La smania che sentiva era più forte della sua volontà. Non che fumare le piacesse più di tanto, ma quel gesto le dava soddisfazione, la calmava, quasi come se non avesse altro scopo che quei tiri rubati alla propria volontà. Per questo era diventata una sfida che combatteva con se stessa e che le provocava eccitazione, spingendola a soddisfare la sua curiosità e scoprire, alla fine, chi avrebbe vinto.

“Dottore, mi scusi se la disturbo a quest’ora. Ma la cura che mi ha dato sembra non avere nessun effetto”, gli scrisse, tremando.
“Guardi che deve aver sbagliato indirizzo. Non sono chi cerca, e non sono un medico, sono un architetto!”, rispose lui, sbrigativamente.
“Mi rincresce profondamente. Non ne avevo idea… devo aver sbagliato. E ora come faccio? È già sera…”, continuò lei, con fare incerto, ma decisa a non mollare la presa.
“Adesso non si agiti. Deve solo aspettare fino a domani. La notte passa in fretta…”
“Non posso, il mio medico è fuori città. È andato a un convegno. La mail era l’unico modo che avevo per contattarlo. Ora non so proprio cosa fare…”

Conosceva quell’uomo, così come conosceva tutti gli uomini che passavano per l’agenzia di assicurazioni presso cui lavorava. Sapeva tutto di ognuno di loro: indirizzi, numeri di telefono, mail, abitudini. Li esaminava con cura, li spronava a parlare di sé, per capire se prenderli in considerazione come prede da catturare nella sua rete di emozioni, poi tentava l’approccio, con un sms o una mail, senza svelare la propria identità. Ogni volta la cosa non era indolore, perché sentiva i muscoli irrigidirsi e il cuore battere in fretta, e l’agitazione, il timore di sbagliare la portavano ad avere tentennamenti, ma nulla riusciva a dissuaderla, vista l’eccitazione che sentiva crescere dentro. E tutti i suoi sforzi venivano premiati nell’istante in cui capiva che lui era suo, che acconsentiva a quel gioco. E alla fase di corteggiamento seguiva l’intesa, il coinvolgimento che porta a cercarsi e a non vivere, nell’attesa della risposta successiva. Voleva quel rapporto fatto di messaggi e continue sensazioni, ne aveva bisogno per poter fare a meno di tutto, perfino delle sigarette, che costantemente passavano in secondo piano, prive ormai della ben che minima attrattiva. Le importava solo dell’eccitazione dei sensi, la rincorsa, il piacere di ritrovarsi, leggersi e desiderarsi.

L’appagava quello stato di ebbrezza e ce la metteva tutta, ogni volta, per prolungarne la durata, ma solo fino a quando non si rendeva conto che i sentimenti dell’altro stavano cambiando e che si stava avvicinando ad una soglia che lei non voleva oltrepassare. Si era posta un limite: mai andare oltre il gioco, mai più se la persona diventava necessaria più dell’idea. In quel caso chiudeva tutto e spariva. E non avevano importanza le implorazioni dell’uomo per cui tanto desiderio aveva provato, per lei erano solo strascichi di una terapia efficace. E tutto finiva lì, fino alla prossima sigaretta, fino al ripresentarsi di quel vizio ossessivo.

178 pensieri su “La mantide

  1. Una strana coincidenza !
    Suona il cellulare una voce di donna mi chiede se fossi la moglie di Maurizio
    le ho risposto che aveva sbagliato numero e ho chiuso la conversazione
    pochi secondi , una seconda telefonata e la donna scusandosi la voce affannata mi dice che era una cosa urgente e adesso non sapeva cosa fare…

    C’è un antefatto per cui questa telefonata mi ha un po’ scombussolata.
    un racconto inquietante il tuo che credo non si distacchi troppo, anzi che rispecchi, l’attualità di un mondo 2.0 dove intrufolarsi nella vita degli altri a dispetto della tanta sbandierata privacy sia semplicissimo.
    Buona giornata carissima Dora da una Roma molto ventosa ma soleggiata!
    Sheraconunabbraccio 😚

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  2. Ciao Dora! Una mantide è sempre pronta a eliminare l’oggetto del desiderio o a divorare con esso anche se stessa. E’ La metafora dell’eterno conflitto tra ciò che si desidera ardentemente e la necessità di renderlo nostro definitivamente attraverso la morte. Un salito. Marisa

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  3. Una dipendenza scacciadipendenze? Però riesce a controllarsi, a porsi un limite… Un racconto che sembra strano, ma non così tanto strano dopotutto…
    E scrivi sempre bene, cavolo 🙂

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  4. questa è la sua natura e non può cambiarla, come del resto la nostra… ma ben più crudele della sua! Ciao Dora le tue pagine sono sempre ricche di scambio e riflessione. Un abbraccio

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  5. Oserei definirla fotografia di un vizio, dal tuo narrare ne emerge una immagine nitida ed un carattere ben tratteggiato, espressione di una bulimia dei nostri giorni… Sai che il tuo personaggio mi richiama alla mente quello di un film dei primi anni novanta.Mi pare che si intitolasse”l’aria serena dell’ovest. Cerano diversi personaggi con diverse storie che, a tratti, arrivavano pure a sfiorarsi. Uno di questi personaggi era una ragazza giovane, una infermiera che rimorchiava in discoteca, ma imponendosi di non andare a letto più di una volta con coloro che le andavano a genio. Poi spariva dalla vita di costoro, senza lasciare traccia di sè. Il gioco aveva funzionato fino a quando non si era ritrovata in pronto soccorso proprio il ragazzo con cui era stata a letto la sera prima e che, disperato per la sua sparizione, aveva cercato di farla finita riuscendoci. Chiaro che la colpa non era di lei: sicuramente le problematiche del giovane esulavano dal rapporto fugace avuto. Ma il contraccolpo era stato inevitabile… Ma perchè ti racconto tutto ciò?… Ah ecco: perchè il tuo personaggio femminile mi sembra una ulteriore evoluzione del tipo di persona smaterializzata che finisce per vivere nella virtualità il proprio essere, sintomo patologico di un desiderio spersonalizzato…
    Come sempre un incanto la tua verve narrativa…
    Un bacio di stelle sfuggenti…..

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    • Penso a quel ragazzo e mi chiedo quanto innocente fosse la ragazza. E’ vero che per certe cose esiste il consenso, ma è anche vero che esso viene accordato per qualcosa di diverso. Ed il punto è proprio questo: l’inganno che ti demolisce le speranze proprio quando hai aperto il cuore. Una sirena che ti ammalia, ti rinchiude in un mondo diverso da quello in cui vivevi e ti abbandona. Mi chiedo quali siano i pensieri o sensi di colpa e in quale modo riesca a legittimare il suo gesto. E questo vale sia per la protagonista del film che citi, quanto quella del mio post

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      • Il mondo è pieno di sirene, amica mia: non hanno genere. Il problema è dentro di noi, quando ci si lascia incantare. Più che altro, di quel personaggio, come del tuo,salta all’occhio la condizione di spaesamento quasi patologico che si manifesta nel rifiuto della pur minima possibilità di un approfondimento del rapporto. Ma questo credo che sia molto diffuso tra chi è rimasto scottato dalla vita, oppure ha una dannata paura di vivere. Dunque non ritengo che abbia altra colpa il tuo personaggio, come quello del film, all’infuori del fatto di essere persona fragile che deve rifugiarsi nella superficialità e fuggevolezza per sopravvivere. Sono figure dell’oggi come di ieri, ma anche del domani. Solo le modalità possono cambiare: ieri erano le discoteche, oggi è la realtà virtuale… Insomma, non si può fare colpa a qualcuno se non ha coraggio di vivere. Se no ne lo si ha, non ce lo si può dare. La ragazza del film, ritendosi un po’ responsabile, finisce per andare come volontaria in una onlus che si occupa di persone disagiate. Un modo per ancorare la propria evanescenza ad un qualcosa di più solido. Nel caso del tuo personaggio è diverso, poichè non c’è un contatto diretto con la”vittima”e ciò rende ancora più semplice la rimozione e la serialità dell’azione…

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      • E’ la mancanza del contatto fisico infatti a facilitare anche l’approccio, perché il coinvolgimento rimane solo mentale, come un semplice pensiero, e dopo basta non pensarci più…
        Grazie Silviatico, il tuo pensiero è sempre esaustivo 🙂

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      • Non sempre amica mia, non sempre,
        come già detto: le motivazioni e le problematiche di ognuno di noi, alle volte possono rendere, anche e solo un contatto epistolare, quantomeno una speranza per un’anima in bilico.
        In fondo non c’è una grande differenza tra vita virtuale e realtà…
        Un bacio e l’augurio per una notte d’incanti….

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  6. Molto interessante è questo gioco di lei sigaretta contatto. Un gioco sottile che le dà ebbrezza come la dipendenza del fumo.
    Fluido e scorrevole si muove tra le sensazioni di lei e quelle della vittima, se così si può definire, la persona presa di mira.
    Complimenti.

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  7. Ma che bello e… Reale.
    Trovo la mantide bella ed elegante, immagine che rispecchia il suo compito di agguantamento… Che sia uomo, donna, amante, amico l’agguatato…
    Abbiam bisogno sempre di conferme di sentirci importanti di emozionarci… Quando qualcuno ci da tuttr queste cose spesso ci abbandoniamo e abbassiamo le difese… Ma la mamtide gioca a distruggere l’altro e soprattutto se stessa…. Spesso gli occhi si aprono in tempo x fortuna!

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  8. Molto molto molto bello. Un modo per guadagnarsi l’immortalità.
    Cilla (Cecilia Gattullo) mi aveva consigliato di leggerti, mi ha dato un ottimo consiglio.

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