Frammento d’amore

“Aspettami in quella casetta”, mi disse, indicandomi quattro mura diroccate.
“Facile a dirsi!”, esclamai a voce bassa. Mi voltai verso il rudere, ma non ebbi il coraggio di entrarci. Decisi di aspettarlo sulla soglia, facendo attenzione che nessuno ci vedesse.
“Vieni, non aver paura!”, mi rassicurò, mentre con passo veloce mi faceva strada. “Apri il cappotto…”, mi ordinò con calma.
Guardai quel rimasuglio di stanza, che un tempo doveva essere stata una cucina. Era buio e non si vedeva quasi nulla, ma il forte odore di muffa lasciava intuire che ogni ricordo rimasto fosse ormai sopraffatto dall’umidità degli anni trascorsi. Riuscivo appena ad intravedere il suo viso, mentre mi aiutava a sistemare sotto il cappotto una grossa pagnotta e un litro di latte, tanto che non ricordo neppure quali fossero i suoi lineamenti.
“Vai a posarli e torna”, mi disse con dolcezza.
Mi allontanai con fare circospetto, come se fossi una ladra, con le mani in tasca a reggere il malloppo, e senza correre entrai nella tenda e lo nascosi nel letto.
Ripetei il viaggio ancora due volte, prima di tornare da lui per salutarlo.
Era arrivato insieme ad altre persone per distribuire aiuti. Era un volontario, come gli altri che nel frattempo stavano consegnando dei viveri a chi gestiva quell’accampamento. Non ricordo quante tende ci fossero in quel quadrato di terra usato un tempo come campo da calcio dai ragazzini del quartiere. Ne ricordo solo la presenza, improvvisa e mai immaginata da nessuna delle persone presenti.
Mi aveva vista aggirarmi senza meta, curiosa per quell’arrivo inaspettato, così a tarda ora, di quel veicolo pieno di gente indaffarata per un motivo che intendevo scoprire. I miei genitori stavano riposando sui letti che i militari avevano distribuito, insieme a coloro con cui condividevamo quel riparo.
Subito si era diretto verso di me con la decisione di darmi qualcosa, perché secondo lui forse non avrei visto granché di ciò che stavano lasciando. E io lo lasciai fare, forse più per vederlo contento che per utilità mia. Non avevo fame e i miei non avrebbero certo bevuto latte o mangiato quel pane così a cuor leggero. Tanto è vero che poco dopo avrei regalato quasi tutta la mercanzia ad un amico che si trovava a passare di lì per caso.
Arrivata al momento dei saluti, sentii una piccola fitta al petto. Mi dispiaceva la sua partenza che ancora di più evidenziava la solitudine in cui sarei rimasta. Lui era qualcuno con cui avevo condiviso una piccola complicità, una persona che per un po’ aveva pensato a me.
“Posso darti un bacio?”, mi chiese con gentilezza.
“Non posso baciarti, sono innamorata del mio ragazzo”, gli risposi, sicura che in caso contrario avrei fatto un torto al mio fidanzato.
“Mi spiace lasciarti!”, mi rivelò posandomi la mano sulla guancia, in una carezza a cui avrei voluto abbandonarmi.
Per un frammento di tempo ci amammo in quel minimo contatto. Un sentimento intenso per la durata che ebbe. Non ci dicemmo nulla l’una dell’altro, neppure il nome. Quell’amore sarebbe finito nell’istante in cui lui sarebbe partito.
“Abbi cura di te!”, mi raccomandò prima di sparire sul camion con cui era arrivato. Ed io mi ritrovai nell’oscurità della notte con il freddo che mi abbracciava, come un compagno che ti consola dopo un abbandono.

Quell’incontro è stato un lampo nella notte, un sogno, una fantasia, una poesia. Mi chiedo spesso cosa sarebbe accaduto se ci fossimo baciati. Avremmo avuto il coraggio, poi, di lasciarci?
Eh sì, l’avrei baciato, avrei voluto farlo, ma non potevo, perché era da giorni che non mi lavavo i denti… Non avevo con me nulla in più di quando ero uscita di casa il giorno del terremoto e uno spazzolino non avrei saputo neppure come procurarmelo.

142 pensieri su “Frammento d’amore

  1. Un altro fantastico frammento di ciò che può essere una tragedia. Tutto è inaspettato, tutto è caotico e non ci sono programmi per ciò che sarà il giorno dopo.. Ma in questo caos c’è ancora il tempo di affezionarsi alle persone.. Anche se il tempo di una carezza, anche se il tempo di un batter di ciglia, sembra che lì fuori nulla sia accaduto.. Per un istante tutto è diverso! Complimenti Dora, altro articolo finemente scritto.. Che ti lascia con un grande interrogativo..

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    • La fiction ci ha distratto da quella che è la realtà. La realtà è che nelle emergenze ti puoi dimenticare del tuo corpo, non lo puoi lavare, non puoi prendertene cura e diventa un bagaglio che ti porti dietro. Il cuore, invece, è vivo più che mai e chiede speranza…

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  2. Alla lunga, quando i capelli si fanno grigi, e si è più sereni e meno esigenti da sè stessi e dagli altri, è meno doloroso il rimorso per aver fatto qualcosa, che il rimpianto per non averla fatta.
    E’ sempre tutta una questione di (in)sicurezze.

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  3. Poesia che si fonde con la realtà dura e concreta (l’assenza di una cosa tanto banale e importante come uno spazzolino da denti, che può determinare un evento…)
    Ti cito perché mi hai colpito dritta nell’anima con questa frase: “Per un frammento di tempo ci amammo in quel minimo contatto.”
    scusami, ma è troppo bella per lasciarla in mezzo alle altre, complimenti ^_^

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  4. La descrizione di un gesto semplice, un frammento di vita tragico e genuino allo stesso tempo. Un bacio mancato può rendere immortale un ricordo…lasci trasparire la tenerezza, è davvero un frammento molto bello!

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  5. Quanta dolcezza in questo racconto, dove oltre la tragedia c’è ancora amore, aiuto reciproco e sentimenti veri. Quante difficoltà dopo un devastante terremoto e quanta pudicizia nella ragazza che avrebbe dato volentieri il bacio al volontario. Bello, bello!!! Bravissima Dora.
    Ciao, un caro saluto, Pat

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  6. Non trovo le parole per ringraziarti per questo post davvero commuovente. I grandi drammi a volte si capiscono più dalle piccole vicende personali come quella che hai descritto che dai libri di storia o dai reportage dei giornalisti.

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  7. Stupendo… mi ero perso questo pezzo di te che ci hai regalato! All’inizio ho pensato molto a male lo ammetto… quel cappotto aperto! Sempre una grande sei!

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