La rivincita della signora Rosa

Prima di continuare con questo post vi consiglio di leggere qui  il precedente.

“Sei sveglia?”, gridò Rosa oltre la porta chiusa.
“No!”, le urlai affondando il viso nel cuscino. Certo che ero sveglia con tutto quel bussare.
“Presto, alzati, ho bisogno di te!”, mi supplicò.
“Cos’è successo?”, chiesi preoccupata.
“Sono nei guai!”, esclamò, irrompendo nella stanza. “Quello sta venendo qui. E adesso, cosa gli dico?”. Non smetteva di agitarsi. Si portò la mano alla bocca, come a tirar fuori con forza le parole che non volevano uscire.
“Chi sta arrivando?”. Ormai ero prossima allo spavento.
“Oscar, l’hai visto ieri sera. Lo ricordi vero?”
“Veramente non ho la minima idea di chi sia!”. Ripensai alla sera prima, cercando di ripescare particolari riguardanti quel tale. La rividi mentre ballava cercando di mantenere l’equilibrio sui tacchi troppo alti. Avevo notato i suoi cavalieri e la loro intraprendenza, il darsi da fare con le mani oltre che con i piedi, ma di lì a conoscerne il nome… Non me li aveva menzionati, era certo, così come ero sicura di essere stata afferrata all’improvviso per un braccio e portata via di corsa, dopo solo due ore di mummificazione.
“Ma come, non ricordi?”, mi guardò stupita. “Quello che mi ha seguita in bagno. E’ per questo che ce ne siamo andate.”
Mi lavai la faccia sperando di resuscitare istanti così clamorosi. Mi guardai nello specchio che era sul lavandino, con complicità, sperando in un aiuto dalla mia immagine riflessa… niente, vuoto, non mi rivelò nulla, nessuna idea sorgeva dall’abisso.
“Quello che era insieme al figlio…”, continuò come un cane che non molla l’osso. “Il mingherlino che ti ha invitata a ballare!”, si illuminò ad un tratto, sicura di aver trovato la chiave giusta per i miei ricordi.
“Ah, tacco svelto!”, esclamai felice che il dilemma fosse stato chiarito. Lei mi guardò stupita, poi sorrise ed infine annuì.
“Ricordo il tipo, non troppo alto, grassoccio… E perché viene qui?”
“Vuole sposarmi! Sono mesi che mi fa la corte e ieri sera si è dichiarato…”
“Non mi sembra una cosa tanto brutta!”
“Ma io non lo voglio, non mi piace per niente!”
“Ah!”. Mi faceva quasi pena, sicuramente si sentiva a disagio per quella rivelazione. Lo mostravano il suo sguardo basso e il parlare incerto. “Ma io cosa c’entro?”, le chiesi ormai sveglia e cosciente.
“Ecco… Per togliermelo dai piedi, ho detto che tu sei mia figlia, che sei venuta a stare qui da me e…”
“E…?”
“Viene qui per parlare con te. Vuole chiederti la mia mano e si sta portando dietro il figlio!”
“No!”, esclamai atterrita, senza sapere se ridere o piangere né se dovessi temere più l’incontro con il padre o quello con il figlio… Quel figlio che non era riuscito a trovare una compagna con cui ballare e a cui di tanto in tanto era casualmente capitato di rivolgere lo sguardo dalla mia parte. Lo avevo osservato, come un falco scruta la preda, e appena mi era stato possibile, lo avevo fulminato con lo sguardo: “Non ti azzardare!”, era stato il messaggio, puntuale. E lui lo riceveva eccome il messaggio, visto l’immediato dietrofront che ne seguiva.

Il pretendente si presentò alle undici, come stabilito. Si inchinò, mi strinse la mano, mi fece i complimenti e ci presentò la sua creatura, che io non guardai neppure. Entrambi erano sorridenti e votati all’allegria. Entrambi presero posto in due poltrone nel salottino privato della signora Rosa. Entrambi chiacchierarono, gustarono il caffè e, entusiasti della pensione, elogiarono le doti della padrona di casa. Entrambi alla fine si resero disponibili ad altri incontri, ma uno solo riuscì a tirarsi su da dove era seduto. La pancia, infatti, aveva incastrato il padre in una posizione imbarazzante da cui non riuscì a venir fuori, se non grazie al figlio e alla sua velocità d’azione.
“Lei avrà capito, signorina“, concluse, rosso in viso per lo sforzo appena compiuto. “Che l’affetto che mi lega a sua madre è profondo!”
“Certamente!”, risposi sorridendo. “E ne sono contenta, perché vede… mia madre non ha una rendita sua, dato che la pensione mi appartiene!”
Il pover’uomo con fatica scansò lo svenimento e si accomiatò sorridente e impacciato. Il figlio mi guardò e fece per porgermi la mano, ma con lo sguardo lo fulminai: “Non ti azzardare!”, fu il mio ultimo messaggio…

79 pensieri su “La rivincita della signora Rosa

  1. Mi delizi sempre più, amica carissima. Questa poi è una prova ancora più eccelsa per stile e per brio delle altre, se possibile. Ti sei guadagnata un fan sfegatato… Un abbraccio di petali vellutati…

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  2. Dora, non smentisci mai le aspettative, seconda parte bellissima, scorrevole, dialogo incalzante, racconto divertente, anzi spassosissimo. Mi è piaciuto tantissimo, sto ancora ridendo, sei davvero molto brava. Spero non ci farai mancare un seguito, o per lo meno altri episodi altrettanto allegri. Scrivere per te è una dote innata, si sente, sei un vero talento. Grazie, grazie davvero, la lettura dei tuoi racconti è una compagnia piacevolissima per me. 😀

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  3. Non ti azzardare!!! 😉 me lo immagino quello sguardo eloquente… Bellissima la seconda parte attesa e reclamata. Sono belle le tue storie e le parole che scegli per raccontarle! Ti porterò in vacanza con me, mica posso rinunciare a questo spazio ormai!!! Un abbraccio cara Dora

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  4. A Medusa gli fai un baffo, il tuo sguardo pietrifica……povero ragazzo. Bellissimo Dora, come sempre. Pensavo che potresti scrivere serie televisive divertenti, e come titolo ci metterei: “A casa della signora Rosa”. Buona serata Dora, un abbraccio

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  5. Tu dovresti scrivere tutta la storia, dico che voglio la continuazione. Guarda che sei bravissima, ma fai questo nella vita? Voglio il seguitooooooooo, su dai non farti pregare! Povero scemo, che trovata originale e bizzarra! 🙂

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