A gamba tesa

Si guardò allo specchio con soddisfazione. Però, era stata brava, nemmeno una grinza o una cucitura mal fatta. Si girò a destra, poi a sinistra. Era venuto proprio come voleva, stretto al punto giusto, non vedeva l’ora di andare a scuola per mostrare il suo capolavoro.
“Ma dove credi di andare con quei jeans così aderenti?”, le chiese la madre, affacciandosi alla porta della sua stanza.
“Si portano così! Ce l’hanno tutte le mie compagne!”, rispose stizzita.
“Sarà! Ma non mi piace come moda. Sono troppo stretti e il sangue non circola bene!”
Si girò verso lo specchio, arrabbiata. Ma cosa ne sapeva sua madre di sangue e di circolazione? Non era mica un medico! Ma tanto, a lei non stava mai bene nulla di quello che faceva, sempre pronta a rimproverare. Che fossero pantaloni, taglio di capelli o libri da leggere, esponeva la sua critica senza sé e senza ma.
“Capirai solo quando ne pagherai le conseguenze!”, esclamò la madre scuotendo il capo.
“Mamma, non ti preoccupare, se mi daranno fastidio non li indosserò più.”, disse per zittirla più che per rassicurarla. Sapeva come badare a se stessa. “E poi, cosa mai possono farti dei jeans stretti? Vedo già i titoli: quindicenne stritolata da un paio di pantaloni impazziti!”, pensò ridendo.
Era fiera del suo lavoro: li aveva indossati a rovescio, aveva segnato con gli spilli il confine delle gambe e poi li aveva cuciti a macchina. Certo, per abbottonarli era stata costretta a stendersi sul letto, ma la fatica era valsa la pena, perché i complimenti non si erano fatti aspettare, e questo le era bastato per star bene con se stessa. E poca importanza aveva se per sedersi doveva forzare la prigionia del suo corpo, e se per camminare era costretta a movimenti un po’ insoliti. Faceva tutto parte del pacchetto, o prendere o lasciare. E lei l’aveva accettato molto volentieri.

Ormai non se ne staccava più, ogni momento fuori casa era un’occasione, perché non erano un semplice paio di pantaloni, quei jeans erano divenuti un simbolo di libertà. Indossarli era stata una sua decisione, lontana finalmente dai condizionamenti materni. Anche se di libertà vera e propria doveva ammettere non ce n’era poi tanta…
Se ne accorse un pomeriggio, uno dei tanti in cui incontrava gli amici nel parcheggio dello stadio. Lì di posto ce n’era tanto, e ognuno sceglieva se portare la bici, un paio di pattini o una palla. E fu appunto con un calcio che avrebbe voluto dare a un pallone che d’improvviso la realtà della sua costrizione le si presentò inesorabile e sincera. “Dai prendila a gamba tesa!”, le aveva gridato il suo amico convinto delle sue doti. “Sì!”, aveva gridato lei presa dall’entusiasmo. Un entusiasmo poco opportuno che la portò ad alzar la gamba con tutta la sua forza, caricandola di certezze e aspettative riguardo la palla che stava per arrivare. Ed ecco che la gamba destra nell’impeto dell’alzata tirò su con sé anche quella sinistra, determinando la caduta di quel corpo ormai senza più sostegno.
Tutti i presenti le si precipitarono intorno per chiederle se si fosse fatta male.
“No, non mi sono fatta male!”, rispose lei senza aver ancora compreso bene l’accaduto. Guardò i suoi amici, guardò i suoi pantaloni e cominciò a ridere di gusto.

64 pensieri su “A gamba tesa

  1. Esilarante, mi hai ricordato quando anch’io mi sono stesa sul letto per chiudere i jeans … gran bel momento quando poi uscì l’elasticizzato … 😀 Mi piacciono molto i tuoi racconti, in generale prediligo le storie dove c’è molto dialogo rispetto alla parte descrittiva, deformazione “teatrale” forse, ma tu i dialoghi li sai costruire molto bene. Davvero brava, Dora, mi piace proprio tanto come scrivi, hai fantasia e sai trarre dei bei pezzi anche da piccole cose di ogni giorno, Complimenti. 🙂

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  2. Ciao doraaaaaa!che bello!mi piace sempre leggere ció che scrivi!pensavo che i pantaloni se sarebbero rotti!invece che sia caduta é ancora più forte!ps.grazie x il tag sui film. L’ho già fatto,ma appena scovo un computer aggiorno!baci

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