Sedeva al primo banco abbandonata sulla sedia, quasi a dimostrare la stanchezza subita in quegli anni. Non parlava, non si muoveva, ma mostrava rispetto, come unico atto d’onore, perché di onorevole ormai in quella sua sosta forzata non c’era più nulla, e di nulla si sarebbero vestiti gli anni a venire.
Non aveva desideri, nemmeno speranze, e a dirla breve non sapeva neppure se esistesse la possibilità di sperare e di sognare. Dentro di sé il vuoto e l’oblio e la sensazione di aver tentato invano. Alle sue spalle, anni dissolti con ricordi sfumati, nessuna scelta, ma tanti inganni. Davanti a lei, la libertà di cercare qualcos’altro da vivere.
Sedeva al primo banco temeraria e accorta, scrutando indifferente chi aveva innanzi. Lei, pubblico annoiato e disinteressato di una passerella di insegnanti ancor più annoiati e disinteressati. Dal suo banco poteva guardare in faccia i professori, ne esaminava lo sguardo, le espressioni perplesse e quelle assonnate. Ne osservava i gesti, sempre uguali, e non disdegnava di intervenire, giusto per dar loro un minimo di soddisfazione. In fondo le dispiaceva per loro e l’impotenza delle loro parole. Il suo preferito era il professore di matematica, con le mani sporche di gesso e i capelli arruffati. Quando spiegava, le si parava davanti e la fissava come fosse stata l’unica a cui parlare. “Quanti inganni professore, quanto le mento!”, pensava, sentendosi in colpa per la sua impreparazione. Ma esser lì non era stata una sua decisione e continuare a rimanerci, neppure.
Seduta al primo banco mostrava coraggio, ma anche irriverenza, almeno agli occhi di chi al primo banco non ambiva a stare. Tuffata in un mondo a cui non apparteneva, aspettava la fine con brama e timore. Sapeva che quel giorno, comunque fosse andata, sarebbe stato un giorno di svolta, la fine di una condanna. Ma la certezza della difficoltà le attanagliava il cuore, perché di nozioni da presentare non ne aveva serbate un granché. Ciò nonostante non le rimaneva alternativa che tuffarsi con gli occhi chiusi e con la speranza di riuscire.
Quanti ragazzi arrivano alla maturità, vuoti di speranze, di aspettative e con un bagaglio culturale indecentemente scarso? E di chi è la colpa?
Di un sistema obsoleto che parla di storia e mai di futuro.
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E i ragazzi restano parcheggiati per un po’, per poi essere catapultati in un mondo per cui non sono preparati…
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Ormai è chiaro che si stia tentando di farci tornare nella voragine dell’ignoranza. Credono sempre che un popolo ignorante non possa ribellarsi, ma dimenticano la storia… quella che a loro piace tanto raccontare. La vera istruzione la dobbiamo cercare con i nostri mezzi e fare esperienza vivendo il quotidiano.
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L’istruzione viene prima di tutto dalle famiglie. La responsabilità credo debba essere cercata negli adulti, ma tutti, senza esclusione.
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C’è che si nasconde in fondo alla classe, chi nel mezzo. E chi, come la lettera di Poe, proprio sotto gli occhi dell’insegnante: un bluff che può durare anche una vita…Piaciuto assai per come riesce ad essere veritiero e scorrevole d’emozioni contrastanti…Un saluto ed un fiore……
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🙂
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Io faccio ruotare i miei studenti ogni settimana così tutti stanno davanti e fanno amicizia evitando odiosi gruppetti.Siamo noi insegnanti che,dopo le famiglie,dobbiamo guidare i ragazzi, tenere vivo il loro interesse,appassionarli al sapere e alla cultura,fargli capire che queste sono le armi e le braccia con cui si difenderanno nel mondo.Purtroppo ci sono insegnanti che se ne fregano e che non hanno passione per il loro mestiere
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Sono d’accordo
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I believe passion is important to be(come) a teacher. Isn’t passion important in other jobs? Are you a good teacher without passion? Where does passion go? Can passion last forever? Why doesn’t last forever? So many questions – very hard answers! 😀
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Sì, la passione è il motore principale, sia per chi dà che per chi riceve. Dura per sempre? Come per tutto ciò che riguarda l’uomo ha i suoi tempi…
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La Scuola italiana è obsoleta nei programmi e i docenti sono trattati da impiegati statali. Tuttavia non è solo la Riforma scolastica che cambierebbe le prospettive, bisognerebbe cambiare la mentalità del “pezzo di carta” ancora vivissimo al sud. Un mio professore di Medicina interna usava dire che in Italia ci sono più laureati in medicina che medici. Così ci siamo ritrovati in sala operatoria più mancati falegnami che chirurghi…
https://tinafiorentino.wordpress.com/2015/03/05/riforma-della-scuola-lobsolescenza-dei-programmi-di-studio-e-il-limite-piu-dannoso/
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Sono pienamente d’accordo con te. E “Il pezzo di carta” da conquistare esprime perfettamente l’idea che si ha ancora della scuola.
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Che poi fa il paio con la conversazione di ieri… ci sono tanti pezzi di carta in giro e pochi professionisti 😉
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Ahimé, è verissimo! E ce ne accorgiamo quotidianamente…
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Quando andavo a scuola la posizione nei banchi era dettata dall’altezza. Data la mia statura non proprio da NBA, spesso ho provato la sensazione dei primi banchi…ma allora la scuola era altra cosa ed a me è servita…oggi non saprei, ma da quello che leggo e sento, pare che sia un problema più che la fucina del futuro…
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Tutto sta alle aspettative e a ciò che realmente si trova. Spesso è una questione solo del singolo, altre volte un discorso più generale… Troppe variabili per farne una legge. ..
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Sono cambiate le aspettative e quello che si trova. Sono cambiati i singoli, anche da parte del personale docente…qui si gioca col futuro, ed il futuro è allergico alle leggi 😉
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Hai ben ragione. In passato c’era qualcosa da sperare, ora invece la vita porta solo incertezze
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Si naviga a vista Dora…
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Ed è così snervante non avere neppure l’opportunità di sbagliare!
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In questo mare sbagliano tutti, ma continuano solo quelli che sanno rialzarsi…
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Rialzarsi non basta, si deve anche avere la forza di continuare…
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Se riesci a rialzarti non stai fermo…vai avanti 😉
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Se ti sono rimaste energie e speranze
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Sta a te trovarle…se ne hai ti rialzi e corri… 😉
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E hai ragione! Mai mollare, fino alla fine…
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abbiocco
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