Loro erano i miei compagni di scuola, loro erano i miei migliori amici, loro erano innamorati.
Con Francesca e Lorenzo ho trascorso i momenti più spensierati della mia giovinezza. Insieme siamo andati in vacanza, a ballare, al cinema, a caccia di amici, in centro, la sera. Si può dire che con loro ho trascorso gran parte del mio tempo, ho gioito e pianto, ho condiviso problemi e cercato soluzioni. Per loro, però, ho anche fatto il palo. Ma non il palo che vigila mentre i malfattori commettono un reato. No, il mio era un palo nel vero senso della parola, e cioè, mentre loro si baciavano, io me ne stavo con le braccia conserte a guardar le nuvole, i palazzi, le rondini e tutto ciò che potesse fornirmi una parvenza di occupazione.
C’era un momento, in particolare, in cui il bacio si protraeva per un tempo da me quantificabile solo come infinito. E coincideva con il saluto all’uscita da scuola. Superato l’isolato si raggiungeva il punto fatidico del distacco, il luogo in cui mai separazione è stata così sofferta e indesiderata. Qualcuno potrebbe replicare chiedendomi la necessità della mia presenza, al che io rispondo che, per logica, se due persone son destinate a fare un percorso insieme necessariamente l’una è costretta ad aspettare l’altra. Infatti, mentre Lorenzo alla fine si dirigeva verso la stazione, Francesca ed io, abitando vicino, ce ne ritornavamo a casa insieme a piedi.
Quindi è palese l’obbligatorietà della mia attesa silenziosa e quasi discreta. Ma capirete anche quanto fosse noiosa. Non che io li invidiassi. L’affetto e l’amicizia che ci legava mi dispensavano da tale sentimento. Ma l’inoperosità e l’imbarazzo del mio ruolo di spettatrice, mi ponevano in una condizione di disagio da cui dovevo trovare assolutamente il modo di uscire.
E fu dopo lungo pensare che decisi quale forma di intrattenimento facesse di più al caso mio.
Tenendo conto che quel luogo era situato in una stradina poco trafficata, pensai sarebbe stato facile fermare la prima persona di passaggio per sottoporle la mia incresciosa situazione. Scartatene un paio a mio parere poco disponibili, optai per una vecchina con l’occhio sveglio e il passo lento, che non rifiutò la sosta per ascoltare il mio sfogo.
“Signora, mi scusi”, feci chiedendo clemenza. “Ma le sembra giusto che mentre loro si baciano io sia costretta ad assistere?”
“E che ci vuoi fare? Sono giovani!”, rispose lei benevola.
“Come sono giovani? Ed io non sono giovane?”, le chiesi sbalordita.
“E io che ne so!”, concluse lei, sollevando le braccia.
Non tanto soddisfacente la risposta della nonnina, ma la gioventù che intende lei non prescinde dall’età ma dalla voglia di vivere, di amare, senza aspettare…….buona serata, ciao
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Toccante all’inizio e divertente nel finale
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Bellissimo,bevuto d’un sorso come un bicchiere d’acqua fresca,complimenti…
Un saluto ed un fiore…
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Ahhahaah che paracula! E io che ne so!!!
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come sempre stupendo racconto
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Sono contenta che ti sia piaciuto
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è divertente leggerti sei brava
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Grazie
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La risposta della vecchietta è l’arguta indicazione della via giusta perché vale esattamente “fallo anche tu, no?” ma forse tu già aspettavi – sin da allora – il vagabondo che ti avrebbe un giorno amata davvero. Complimenti… arguta e divertente.
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Piacevole lettura.Forte la vecchietta!
Buona vita Tony
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Bellissimo racconto Dora. Credo che il “che ne so” della vecchia fosse dovuto al fatto che non si ricordava più di giovinezza e baci rubati…non era riferito a te… 😉
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🙂
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