Carciofi ripieni

Il suono della campanella fu accolto con gratitudine da ogni cellula del mio corpo. Le ore passate a scuola mi erano sembrate lente e inesauribili. Quella notte, presa dalla verifica di matematica, avevo dormito poco, ed ora, in debito con i miei occhi costretti a fare gli straordinari, non vedevo l’ora di tornare a casa. In più ero uscita saltando la colazione e ora la fame cominciava a farsi sentire. Beh, la colazione non era stata necessaria, perché quasi mezza crostata di crema e fragole ne aveva preso il posto durante la veglia notturna, ma adesso lo stomaco ne aveva perso memoria ed esigeva ciò che gli era dovuto.

Mi avviai stancamente verso casa, come una macchina senza benzina spinta da un proprietario poco accorto. Non capivo se sulle mie capacità motorie incidesse di più la fame o il sonno. Di una cosa ero certa: a casa mi aspettava un invitante carciofo ripieno, il mio piatto preferito. Non me lo sarei perso per nulla al mondo. Consideravo il mangiarlo un rito intimo che non avrei compiuto in presenza d’altri. Mi posizionavo davanti alla delizia con scorta di tovaglioli e piattino dove riporre le foglie grattate con i denti. Mi piaceva gustarne ogni parte come se fosse l’ultima volta in cui l’avrei mangiato. E, una volta raggiunto il ripieno di ricotta, la soddisfazione sarebbe stata tanta da pormi in pace con me stessa e il mondo.
“Te li lascio sul tavolo, come al solito”, mi aveva detto quel mattino la mamma. “Per te e per il nonno. Mi raccomando convincilo a mangiare!”
Il nonno abitava con noi da un paio d’anni. Stava bene in salute, ma da un po’ di giorni aveva la testa chissà dove e mangiava poco. Sembrava non avere la pazienza di rimanere a tavola il tempo necessario per finire il pasto.

Salendo le scale pensavo a mia madre, alla sua bravura in cucina, a ciò che mi aspettava sul tavolo, ma anche al nonno e alla preoccupazione diffusasi in casa. Il medico ci aveva rincuorato. “Sta bene!”, aveva detto sicuro. “È solo distratto. Magari ha qualche preoccupazione che non vuole condividere”. Ma questo non ci aveva tranquillizzati del tutto.
Entrai in casa con circospezione. Non sentivo nessun rumore. Il nonno doveva essere per forza lì a quell’ora, e la televisione, quando c’era lui, era sempre accesa. Mi misi a chiamarlo, senza ottenere risposta. Mi precipitai in camera sua, ma lui non c’era, guardai nelle altre stanze, finché non lo trovai in cucina e la scena che mi si presentò d’avanti mi fece rabbrividire. Stava mangiando il suo carciofo nel piatto di portata dove c’era anche il mio, riponendo le foglie grattate nel medesimo posto, con le mani sporche di sughetto e la bocca unta.
“Nonno!”, urlai disperata. “Cosa stai facendo?”
“Sto mangiando!”, rispose tranquillo.
“Ma perché non hai preso un altro piatto?”
“Perché? Ti faccio schifo?”, chiese indignato.

2 pensieri su “Carciofi ripieni

  1. Spesso le persone “grandi” (non amo usare il termine “anziane) ci meravigliano coi loro esasperanti
    atteggiamenti, che non riusciamo a spiegare razionalmente!
    Ne so qualcosa, avendo avuto con me mia madre (centenaria) nei suoi ultimi quattro anni di vita.
    Una buona giornata per te, Dora, silvia

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    • Naturalmente non posso generalizzare, ma un confronto viene spontaneo. Credo che sia soprattutto una questione di mentalità. C’è l’anziano che si lascia trasportare dal tempo e quello che invece reagisce col pensiero. Sì, possono cambiare determinati comportamenti, ma se non ce l’hai dentro di te, certe cose non avranno mai modo di essere… Anche a te una buona giornata Silvia. E’ un piacere ricevere i tuoi commenti.

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