Non è una questione di numeri

23 ottobre 2011. Marco Simoncelli muore durante una gara. Un lutto che per diverso tempo riempie le pagine dei giornali. Qualcuno esprime in una rubrica di un settimanale le sue perplessità in merito all’eccessivo spazio dedicato dai media alla sua morte rispetto al terremoto in Turchia…
Ho ripensato a quell’osservazione non per contestarla ma per capire le motivazioni della stampa. Di conseguenza mi sono chiesta se essa ha rispecchiato la volontà dei lettori o se, invece, come tante volte si dice, ha inseguito la notizia che fa più clamore tralasciando quelle più importanti.

A questo proposito ho ripensato ad un brano tratto dal libro di Fred Uhlman “L’amico ritrovato”. In esso il protagonista che è stato spettatore della morte dei figli dei vicini si interroga sul perché ne sia rimasto così tanto turbato. E si risponde così:

Avevo sentito parlare di terremoti nei quali sono state inghiottite migliaia di persone, di fiumi dilava incandescenti che avevano travolto interi villaggi, di onde gigantesche che avevano spazzato via le isole. Avevo letto che un milione di persone erano annegate durante l’inondazione del Fiume Giallo e altri due in quella dello Yangtse. Sapevo che a Verdun avevano perso la vita un milione di soldati. Ma non erano che astrazioni, numeri privi di significato, dati statistici, notizie. Non si può soffrire per un milione di morti. Quei tre bambini, invece, li avevo conosciuti, visti con i miei occhi e questo cambiava radicalmente le cose.

Simoncelli è cresciuto sotto i nostri occhi, abbiamo riso e sperato con lui, e, drammaticamente, l’abbiamo visto morire. Per questo non mi meraviglia la differenza di trattamento da parte dei mezzi di comunicazione. L’affettività è ben diversa dalla partecipazione e dalla comprensione. E non credo sia solo una questione di fama, ma soprattutto di rapporti, perché essere famoso non vuol dire essere per forza amato e pianto, mentre essere apprezzato fa di te una persona necessaria.

2 pensieri su “Non è una questione di numeri

  1. Questo è commovente e allo stesso tempo agghiacciante, se da una parte quel ragazzo è morto sotto gli occhi di chi guardava con speranza che si salvasse, dall’altra non si è scelto di essere inghiottiti, non si sono guadagnati milioni con la clausola che l’incidente sarebbe potuto avvenire, si è morti nell’indifferenza, nel silenzio, dignitosamente umani.

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